giovedì 31 maggio 2007

...

(bologna) (e piove) (sì, vai, bravo fede)

Sono un paio di giorni che cerco di non pensarci, che mi trattengo, che mi sembra scontato dirlo.
Ma io.
Fossi nei panni.
Degli amici.
Dei parenti.
Della zia.
Della cugina.
Dei vicini di casa.
Dei compaesani che urlano "bestia".
Mi sentirei orribilmente in colpa.
_._._.__._._.__._._.__._._.__. _._._.__._._.__._._.

E poi ci sono i terroristi.
Ora, a parte che, se ci prendi un attimo la mano, You tube ti ruba il cervello.
Ma io dico.
Questa gente è qualcosa.
http://www.youtube.com/watch?v=u4gAR8_lA6s

E Andrea Rivera mi ha fatto amare Giorgio Gaber.
Ecco. E ora vado a riposare questi occhi. E basta.

Cià

mercoledì 23 maggio 2007

Ai bambini buoni la dolce euchessina, quelli cattivi...che spingano!

(bologna)

Questa sera, come altre già, le mie penne e le mie piume sono bagnate. Non posso fare altro che stare qui e aspettare che si asciughino e lasciare che altri parlino per me e guardare la mia Manhattan padana che luccica...

"Amicizia: è un contratto tacito tra due persone sensibili e virtuose. Dico sensibili perché un monaco, un solitario, può essere una persona dabbene senza conoscere l'amicizia; dico virtuose perché i malvagi hanno solo dei complici, i libertini dei compagni di bisboccia, i politici dei faziosi, i principi dei cortigiani: solo gli uomini virtuosi hanno degli amici"

"- Papà, come si fa a diventare sereni?
- Lascia scorrere le cose, Vasco. Tu sei uno che pensa, che si guarda dentro, che ha una straordinaria sensibilità. Ci sarà sempre bisogno di persone come te. Capirai molte cose meglio degli altri. Questo ti aiuterà.
(...)
Zeno stava per proporgli una delle due copie che teneva in camera all'Ambos Mundos, dove s'era appena trasferito, qunado due turisti, in apparenza tedeschi...in un inglese disastroso chiesero se c'era posto.
Homero non si alzò neppure dalla sedia.
- Allora Lady Macbeth?
- Muore soffocata dalla sua follia.
- Ah, e Macbeth che fa , quando lei muore?
- Dice: sarebbe dovuta morire prima o poi. Quella di Macbeth per la sua Lady era una dipendenza. se ti liberi dalla droga, un po' sei contento un po' ti fa paura. Macbeth a quel punto è solo, senza il suo sostegno. Sente arrivare la fine. E' così che tira fuori un monologo bellissimo, ancora più bello di quello di Amleto. Spegniti spegniti corta candela... la vita è una storia raccontata da un idiota...
Pioveva forte adesso.
La pioggia mitragliava il selciato. s'era alzato un vento incarognito che turbinava cartacce zuppe e petali di geranio.
- Dimentica, dimentica, ti dicono...passiamo un mucchio di tempo a dimenticare. Passiamo un sacco di tempo a cancellare altro tempo. Siamo macchine con troppa memoria. E un'avversaria invincibile.
- Un'avversaria invincibile?
- La morte, comandante. La morte è un'avversaria così sicura di batterci che ci lascia tutta una vita di vantaggio.
- Gentile, ti pare? Forse per questo dovremmo approfittare della vita. Non farci soffiare il vantaggio da chi ce la rovina.
- Già, è quello che dicevo a mio figlio. Una certa mattina, a Genova."

E poi dicono di non scegliere i libri dalla copertina...

Grazie monsieur Voltaire e Don Garbarino per le parole.
E al mio mondo parallelo per la pazienza.

Guaranteed metapensiero free by Muller& Thurgau 2.0



giovedì 17 maggio 2007

otto anni dopo

(roma)
più che la presentazione di un libro, una festa. a me, appoggiata a una colonna in fondo alla sala, in piedi, ha fatto questa impressione, con tutte quelle persone orgogliose, con la bambina che interveniva decisa anche se difficilmente comprensibile, con i mazzi di fiori sul tavolo, e un clima bello, di una bella bellezza, direbbe qualcuno. e soprattutto la socia, luminosa a dir poco.
con la socia ci siamo conosciute in un postaccio dove si faceva la doverosa gavetta, all'incirca un secolo fa. noi si era poco più che ventenni, ed eravamo ragazzine fatte di idee. che fossero giuste o sbagliate, quelle idee, all'epoca non ce lo chiedevamo, perché a quell'età si dà per scontato che sei nel giusto. otto anni dopo, riflettendoci un po' su, direi che eravamo nel giusto, sì.
ci siamo perse di vista per tanto tempo, e ci siamo incontrate anni dopo per caso, nel quartiere dove tutte e due siamo andate a vivere. e guardarsi dopo tanto tempo è un po' complicato, perché in realtà nell'altra cerchi tracce di quella che eri e segni di quella che sei. e i segni li trovi, nella voce che è la stessa ma è un po' più adulta, negli occhi che sono gli stessi ma quando sorridi ci sono pieghe che prima non c'erano, nella vita che è passata su, ma soprattutto attraverso. e mentre si stava lì in bilico, a cercare di capire quanto fosse rimasto di quelle ragazzine, di quelle idee, al netto del timbro della voce e del contorno occhi e delle cose successe sopra e attraverso e intorno, ci siamo fatte la stessa domanda: continui a scrivere, sì?
il bello di certe domande, è che da sole sono la risposta, a tutto quello che ti stavi chiedendo.

martedì 15 maggio 2007

Comma 22

I soldati impazzivano e ricevevano in premio delle medaglie. In tutto il mondo, da una parte e dall'altra della linea di fuoco, dei ragazzi sacrificavano la loro vita per quella che gli avevano detto che era la loro patria, e nessuno ci faceva gran caso, meno di tutti i ragazzi che sacrificavano la loro giovane vita. E non si riusciva a vederne la fine. La sola fine che si riusciva a vedere era quella personale di Yossarian.
(...)
"Stanno cercando di uccidermi", gli disse Yossarian, calmo.
"Nessuno sta cercando di ucciderti" gridò Clevinger.
"Allora perché sparano contro di me?" Yossarian domandò.
"Sparano contro tutti", rispose Clevinger. "Stanno cercando di uccidere tutti".
"E che differenza fa?".
Clevinger credeva veramente di aver ragione, ma Yossarian aveva le prove: degli stranieri che non conosceva gli sparavano contro delle cannonate ogni volta che volava per l'aria e sganciava bombe su di loro, e la cosa non era per niente divertente.
(...)
C'era soltanto un comma e quello era il Comma 22 (...) Era pazzo e avrebbe potuto essere esonerato dal volo. Tutto quel che doveva fare era di farne domanda; e non appena ne avesse fatto domanda, non sarebbe più stato pazzo e avrebbe dovuto continuare a volare. Sarebbe stato pazzo se avesse compiuto altre missioni di volo e sano di mente se non lo avesse fatto, ma se fosse stato sano di mente avrebbe dovuto compiere altre missioni di volo. Se volava era pazzo e non doveva più volare; ma se non voleva volare era sano di mente e doveva volare. Yossarian fu molto impressionato per l'assoluta semplicità di questa clausola del Comma 22 e si lasciò sfuggire un fischio pieno di rispetto.
(...)
Era una guerra vile e sporca e Yossarian avrebbe potuto vivere benissimo anche senza di essa... vivere per sempre, forse. Solo una frazione dei suoi concittadini avrebbe sacrificato la vita, per vincerla, e non era sua ambizione essere uno di quelli. Morire o non morire, questo era il problema, e Clevinger perdeva l'equilibrio cercando di risolverlo. La storia non pretendeva il decesso prematuro di Yossarian, la giustizia avrebbe potuto essere soddisfatta anche senza di esso, il progresso non era imperniato su di esso, la vittoria da esso non dipendeva. Il fatto che degli uomini dovessero morire era una questione di necessità; ma quali uomini dovessero morire, questa era una questione di circostanze, e Yossarian era disposto ad essere la vittima di tutto fuorché delle circostanze. Ma così era la guerra.
(Joseph Heller)

lunedì 14 maggio 2007

se chiudo i miei begli occhietti spenti

(roma)
L'adolescente del piano di sopra si è fatto male, e da alcuni giorni non va a scuola. Quindi, invece di impugnare il suo strumento assassino, con cui strazia sistematicamente la storia del rock, solo per l'intero pomeriggio, ora si esibisce anche la mattina alle 8. Ah, beh, son fortune.
Oggi però c'è qualcosa che non va. Sto ancora dormendo, quando uno dei miei neuroni mi segnala un'anomalia: il ragazzino non distrugge, come al suo solito, un repertorio vecchio di almeno vent'anni, ma sta attaccando, deciso, una canzone degli Afterhours di pochi anni fa. L'altro neurone invece sta azionando il segnale di pericolo. Spalanco gli occhi. Cazzo.
Sono fortunata con la musica, è molto raro che io leghi una canzone a una storia; più facile che lo faccia con libri e film. Questo mi dà il vantaggio, quanto la relazione finisce, di poter ascoltare indisturbata la radio o mettere su un qualsiasi cd, senza cadere in vortici di depressione e autocompatimento: è abbastanza difficile che trasmettano per radio Io e Annie o Il Maestro e Margherita. Naturalmente, come tutti, ho le mie eccezioni; e il killer del piano di sopra, in una di queste eccezioni, ci sta sguazzando. E la stona pure. Resto per qualche secondo a fissare il soffitto, poi mi alzo, mi infilo la giacca militare, prendo le chiavi, esco, salgo le scale e mi attacco al campanello. La creatura arriva dopo un po', apre, mi guarda, e la sua faccia passa dal sorpreso all'atterrito. Mi immagino. Non credo di avere un bell'aspetto. Restiamo a fissarci per qualche secondo, lui che vorrebbe chiedere cosa c'è ma non osa, io che sto cercando di attivare le mie corde vocali massacrate da fumo e polline. Poi, col tono più dolce che riesco a modulare,
- Quella canzone, no
chiedo.
Lui annuisce.
Mi giro, scendo e me ne torno a letto. Ascolto il silenzio per un po', e mentre richiudo i miei begli occhietti spenti, sento le note di quella che, nelle intenzioni, dovrebbe essere Something. Sorrido.
Guarisci presto, per favore.

sabato 12 maggio 2007

qui lo dico e lì lo negano

(roma)
stamattina mi sono svegliata con l'occhio destro gonfio e completamente chiuso; gentile omaggio di madre natura che distribuisce polline a secchiate, in questo periodo, possibilmente in faccia a chi è allergico. imprevisto che ha scombinato i miei programmi: volevo andarmene a san giovanni, al family day. no, pennuta, tranquilla: il polline non mi è arrivato al cervello, né sono stata rapita e clonata dagli alieni. sono semplicemente curiosa di incontrare un tipo umano che finora mi è sfuggito. delle persone contrarie ai dico, che sventolano lo stendardo della famiglia come dio comanda, per ora ho selezionato tre categorie: quelli che "gli omosessuali mi fanno senso"; sentimento, presumo, gaiamente ricambiato, visto che l'idiozia è sempre un po' ripugnante. quelli che "l'economia italiana non è in grado di reggere" pensioni di reversibilità, assegni familiari e così via; il che è vero, ma se è per questo non regge un granché bene nemmeno scuola pubblica, assistenza sanitaria gratuita e quant'altro: allora 'fanculo a tutti i diritti e andiamocene nella giungla col coltello fra i denti, anzi, aspettiamo che la giungla raggiunga noi; visti i cambiamenti climatici in corso, non toccherà nemmeno aspettare troppo. quelli che "loro vogliono i diritti e non vogliono i doveri"; questi, lo confesso, mi ispirano una certa tenerezza: danno l'idea di essere invidiosi. non mi ricordo di chi sia la battuta "sono contrario ai privilegi del clero: voglio l'abolizione del celibato", ma più o meno è tutto qua: in fondo pensano, embè, e perché io mi sono dovuto sposare e tu no? mal comune mezzo gaudio. la categoria che è del tutto al di fuori della mia portata, è di quelli che ci credono davvero, che i dico distruggeranno la famiglia. questa gente esiste. gente convinta che una convivenza, etero o omo che sia, sia in grado di annientare le basi del viver civile, far fondere istantaneamente tutte le fedi agli anulari dei timorati di dio, sparpagliare per gli angoli delle strade pseudo-orfani senza arte né parte, provocare invasioni di locuste, sette millenni di vacche magre, terrore miseria e morte. volevo andare a vederli di persona, scambiarci due parole, farmi un'idea. invece me ne resterò a casa, a farmi impacchi di camomilla sull'occhio; con la mansueta e tiepida certezza che, qualsiasi battuta verrà fatta da quella parte, oggi e in futuro, dal palco di san giovanni e altrove, su divorzio, aborto, gay, convivenze, famiglia, nessuno scriverà editoriali infiorettati da etichette assurde, i palazzi del potere non sobbalzeranno indignati da alcunché, ma se ne resteranno tutti tranquilli a farsi impacchi di camomilla su cuore, fegato, cervello, e qualsiasi altra parte del corpo a loro piaccia.

mercoledì 9 maggio 2007

romanzi&concerti

roma.
dice: hai il blog, scrivici. dico, pare facile. ho imperversato per anni su chat, forum, qualsiasi posto in rete avesse uno spazio bianco dove inserire parole; e ora che ho uno spazio mio (nostro, scusa, pennuta) i miei due neuroni a senso unico alternato si sono inceppati. e non è che miss bologna si stia dando un gran da fare anche lei, eh. ma è come con i giocattoli nuovi: un minimo di incertezza all'inizio, qualche reticenza, la paura di romperli finché non li si sa usare per bene. troppe cose da dire, troppo silenzio da cui uscire. ci arriveremo. nel frattempo, mi rifugio nella comoda tana delle comunicazioni di servizio. mercoledì 16, melbookstore di via nazionale (roma): chiara lico presenta la storia di pieffe. il vero titolo sarebbe "Zitto e scrivi"; ma io il buon pieffe lo conosco da anni, da quando era ancora un personaggio sfocato, tutto nebbia e velleità, e vederlo finalmente trasformato in carta, inchiostro, copertina e titolo mi dà un certo orgoglio. brava, socia. se siete a roma, venite. se non ci siete, nulla vi vieta di comprare il libro nella vostra città.
poi, concerto dei suspicion. sono undici anni che vado ai loro concerti: tanta perseveranza vuol dire che sono bravi. e poi gli si vuol bene. ci si vede lì.


giovedì 3 maggio 2007

Los Ambos Mundos

Los Ambos Mundos è un blog. E fin qui era facile.
Ha due anime, entrambe alquanto periferiche. Una si affaccia su Bologna, con vista sulle Torri di Kenzo; l'altra su Roma nord, con il Raccordo Anulare per panorama. A parte il vivere in periferie amene, almeno superficialmente non ci accomuna nulla; come ebbe a dire Miss Bologna, a proposito della scelta del nome Los Ambos Mundos, "il blog sarà virtualmente il racconto di due mondi diversi (Bologna e Roma, io e te, il salutismo e il fegato spappolato...)" (il mio fegato ancora regge, grazie). Possiamo aggiungere, il posto fisso e l'ennesimo posto perso; lo stesso fidanzato da una vita, e una vita sentimentale tragicomica; l'allergia ai gatti e la convivenza con un gatto; una che cucina e l'altra che lava i piatti; etc etc... Cosa abbiamo a che spartire? Ci siamo incontrate anni fa in un luogo silenzioso, composto soltanto da parole scritte. Ci siamo avvicinate leggendo, ci siamo conosciute scrivendo. Per molto tempo la nostra amicizia ha avuto, come unico sottofondo, il ticchettio di una tastiera e le note di un modem. Poi sono arrivati rumori di treni e stazioni, vociare di piazze romane e vicoli bolognesi, chiacchiere nei pub davanti a una birra o in terrazzo a fumare. Ma ancora oggi, dopo tanto tempo, la parola detta ci è fondamentalmente estranea: noi ci parliamo scrivendo. Il blog esiste per questo.
E perché speriamo che l'omonimo albergo a Cuba, apprezzando l'implicito omaggio, abbia il buon cuore di accogliere il nostro buen retiro, un giorno.