mercoledì 30 gennaio 2008

uno, marlene kuntz. due, qualcuno mi apra questo ciddì.

(roma)

sto elaborando la teoria che la gente scarichi la musica da internet non tanto perché i cd costino troppo, quanto perché è assolutamente impossibile aprirli. rispetto a un libro, un cd presenta il problema che non puoi godertelo appena comprato. il libro lo sfogli subito, mentre il cd devi portarlo a casa, aprire la confezione, tentare di aprire la confezione, continuare a tentare di aprire la confezione, lanciarlo contro una parete, accendere il computer e scaricarlo da internet. è molto più scomodo.
comunque ho deciso di adottare uno stile di vita sano e salutare, comprendente dieta e attività fisica; quindi il mio saltellare istericamente su questo dannato affare fuso nella plastica in realtà è positivo e mi fa bene. più tardi ricopierò la dieta in excel, la stamperò e andrò a inchiodarla sul portone della chiesa del parroco borg. lo so che una dieta non vale l’altra; però, quanto a protestare, tutti quelli a dieta protestano. figuriamoci se nel ‘500 avessero avuto certi ciddì. sai i roghi.

giovedì 24 gennaio 2008

distimic housewife

(roma)

detesto iniziare la giornata litigando, ma appena sveglia mi trovo invischiata in una discussione con il calcare sull’usucapione; io sostengo che nessuna norma di nessun codice prevede che l’uso capione sia applicabile al calcare, e quindi di fatto la cucina non gli appartiene. lui non si muove di un millimetro dalle sue posizioni e minaccia di adire vie legali. non posso rispondergli a tono perché mi rendo conto che non sono capace di coniugare il verbo adire. mi allontano sibilando, adisciti tua sorella, ma a voce bassissima.
le piante grasse sul balcone sono convinte, come me, che sia primavera, nonostante ieri abbia gelato, e sono piene di fiori. la primavera è un luogo della mente.
la chiesa purtroppo no. è un luogo qui vicino, e il nuovo parroco ha sferrato un’offensiva massiccia al quartiere-paese. viene di persona, manda i suoi accoliti, lascia evidenti tracce del suo passaggio. torno a casa e trovo volantini della parrocchia nella buca delle lettere, nella cassetta della pubblicità, sulla maniglia della porta. c’è scritto, la resistenza è inutile, verrete assimilati.
resisto (non mi avranno mai, lo ripeto su qualsiasi divano io mi trovi). studio francese. mi sono iscritta a un corso di doppiaggio. ricevo una quantità sospetta di inviti a cena. la saggezza delle nonne direbbe che una donna innamorata è più bella, e quindi riceve più inviti. la saggezza delle nipoti fa presente che, sì, però, proprio in quanto innamorata, gentilmente li rifiuta tutti. la saggezza delle amiche replica: ma esci, cretina.
non si può stare bene un attimo, che tutti cercano di farti stare meglio.

domenica 20 gennaio 2008

caramel

(roma, beirut)

lei lavora in un centro estetico. è l’amante di un uomo sposato. lui è il poliziotto di quartiere. è innamorato di lei. l’unico modo che ha trovato per riuscire a parlarle, è riempirla di multe. non proprio il massimo, quanto a strategie di conquista. il suo posto di guardia è dirimpetto al salone di bellezza, si belle.
lei trova il portafogli del suo amante in macchina, rientra al salone, prende il telefono, va in una stanza appartata, lo chiama. la stanza ha una finestra, la finestra è davanti a quella dell’ufficio del poliziotto. lui è seduto alla scrivania e la guarda. lei parla al telefono. lui le risponde. non ha un telefono in mano, non la può sentire, non sa chi sta chiamando, può solo guardarla. ma le risponde. le dice, è da tanto che aspettavo che tu chiamassi. lei gioca col filo del telefono. le dice della sua macchina, che lei parcheggia sempre in divieto di sosta per prendere in giro il poliziotto di quartiere. lei ride. le dice, mi guardi, ma non mi vedi.
c’è qualcosa di poetico, eroico e struggente, negli innamorati non corrisposti. e delicato. è qualcosa di fragile e sorridente, un velo gratuito, così in bilico, rispetto al vento che soffia, ai giorni che passano, alle guerre che scoppiano, agli aerei che decollano e atterrano, ai passi che risuonano nelle piazze del centro. alle parole che si leggono, si guardano, ma non si capiscono, non si vedono.

mercoledì 16 gennaio 2008

...e sempre allegri bisogna stare, che il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco e al cardinale, diventan tristi se noi piangiam...

(roma, la sapienza, vaticano, parlamento, universo)

- Ho visto un re.
- Sa l'ha vist cus'è?
- Ha visto un re!
- Ah, beh; sì, beh.
- Un re che piangeva seduto sulla sella
piangeva tante lacrime, ma tante che
bagnava anche il cavallo!
- Povero re!
- E povero anche il cavallo!
- Ah, beh; sì, beh.
- E' l'imperatore che gli ha portato via
un bel castello...
- Ohi che baloss!
- ...di trentadue che lui ne ha.
- Povero re!
- E povero anche il cavallo!
- Ah, beh; sì, beh.
- Ho visto un vesc...
- Sa l'ha vist cus'è?
- Ha visto un vescovo!
- Ah, beh; sì, beh.
- Anche lui, lui, piangeva, faceva
un gran baccano, mordeva anche una mano.
- La mano di chi?
- La mano del sacrestano!
- Povero vescovo!
- E povero anche il sacrista!
- Ah, beh; sì, beh.
- E' il cardinale che gli ha portato via
un'abbazia...
- Oh poer crist!
- ...di trentadue che lui ce ne ha.
- Povero vescovo!
- E povero anche il sacrista!
- Ah, beh; sì, beh.
- Ho visto un ric...
- Sa l'ha vist cus'è?
- Ha visto un ricco! Un sciur!
- ...Ah, beh; sì, beh.
- Il tapino lacrimava su un calice di vino
ed ogni go, ed ogni goccia andava...
- Deren't al vin?
- Sì, che tutto l'annacquava!
- Pover tapin!
- E povero anche il vin!
- Ah, beh; sì, beh.
- Il vescovo, il re, l'imperatore
l'han mezzo rovinato
gli han portato via
tre case e un caseggiato
di trentadue che lui ce ne ha.
- Pover tapin!
- E povero anche il vin!
- Ah, beh; sì, beh.
- Ho vist un villan.
- Sa l'ha vist cus'è?
- Un contadino!
- Ah, beh; sì, beh.
- Il vescovo, il re, il ricco, l'imperatore,
persino il cardinale, l'han mezzo rovinato
gli han portato via:
la casa
il cascinale
la mucca
il violino
la scatola di kaki
la radio a transistor
i dischi di Little Tony
la moglie!
- E po', cus'è?
- Un figlio militare
gli hanno ammazzato anche il maiale...
- Pover purscel!
- Nel senso del maiale...
- Ah, beh; sì, beh.
- Ma lui no, lui non piangeva, anzi: ridacchiava!
Ah! Ah! Ah!
- Ma sa l'è, matt?
- No!
- Il fatto è che noi villan...
Noi villan...
E sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam...
E sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam!
(E.Jannacci)

martedì 15 gennaio 2008

pessoa e bridget jones

(roma)

io non la sottovaluterei, la tanto bistrattata chick-lit, la cosiddetta letteratura per pollastrelle. dice le sue verità.
cioè, mi rendo conto che

La fatica di essere amato, di essere amato davvero! La fatica di essere l’oggetto del fardello delle emozioni altrui! Cambiare chi vorrebbe essere libero, sempre libero, in un facchino della responsabilità di corrispondere, della decenza di non scappare affinché gli altri non pensino di te che sei un re delle emozioni e che rifiuti il massimo che un altro animo ti può dare. La fatica di vedere la propria esistenza trasformata in una cosa assolutamente dipendente dal rapporto con un sentimento altrui! E la fatica comunque di dover provare un sentimento per forza, di dovere per forza, anche senza reciprocità, amare un po’ anche noi!

suoni meglio, rispetto a

Daniel Cleaver è un cialtrone sentimentale!

però, insomma, in fondo il concetto è lo stesso, a leggere bene entrambe le opere daniel cleaver sembra molto meno cialtrone sentimentale di bernardo soares, e soprattutto nel film lo interpreta hugh grant.
dopodiché, pessoa avrà anche avuto le sue sfighe, ma non era una trentenne single che si trovava a combattere con le cene dei felicemente sposati (con le cene di nessuno, mi è parso di intuire dalla sua amena biografia), né con gli appuntamenti al buio combinati dagli stessi stramaledetti felicemente sposati. e quindi pessoa ha avuto una vita molto più facile di quanto si pensi.

(questo post è stato scritto subito dopo aver ricevuto un invito a cena da una coppia di felicemente sposati, con annesso appuntamento al buio con amici dei. l’associazione protettori del buon nome di pessoa è pregata di non infierire. nessun libro è stato maltrattato durante la stesura del post, al contrario di quanto sta accadendo col mio fegato da svariato tempo a questa parte).

lunedì 14 gennaio 2008

fare o non fare. non c’è provare. (yoda)

(roma)

tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, la persona a cui ho sconsideratamente affidato i destini della galassia stessa e del mio romanzo preferito (la galassia va a puttane, ma almeno il libro è stato ritrovato), mi ha chiesto per chi o per cosa sono felice di svegliarmi la mattina. non ho risposto.

nel frattempo ci sono stati significativi cambiamenti nell’equilibrio della forza.
purtroppo non ci sono stati altrettanto significativi cambiamenti nell’equilibrio mentale del gatto, per cui la mattina vengo ancora svegliata a zampate in faccia; il che difficilmente rende qualcuno felice, per inciso. ma è come se tutto il contesto fosse radicalmente cambiato, pur restando esattamente identico.

intorno a me ci sono gli stessi colori, lo stesso sole e la stessa pioggia; gli stessi amici, qualcuno con un figlio in più, qualcuno con un sogno in meno; gli stessi problemi, più o meno inamovibili al punto di affezionarcisi quasi; sono le stesse, le persone a cui penso, nonostante cambino i balconi. solo che non si vedono più i muri. il che rende più facile l’andare a sbatterci contro, ma toglie la paura; e forse è la paura, la differenza fra fare e provare. non mi succede tutte le mattine, ma ogni tanto, adesso, ho anch’io un per chi e un per cosa.

giovedì 10 gennaio 2008

ferrament

(roma)

non capisco perché i chiodi delle persone normali scacciano altri chiodi, mentre i miei si sommano.

lunedì 7 gennaio 2008

anno nuovo vita nuova

(roma)

una vita nuovissima.
benvenuto, pastrocchietto.
grazie per non essere nato alle tre di notte, perché da accordi con tua madre, sarebbe stato mio compito rotolare giù dal letto e correre a casa vostra per badare a tua sorella.
lo prendo come un regalo, il tuo essere nato in un'ora decente con tua sorella all'asilo.
ma ti avrei voluto bene comunque, eh. avrei solo sbadigliato parecchio.