sabato 22 marzo 2008

spes contra spem

(roma)

piove, per fortuna. guardi fuori e piove. senti il rumore della pioggia, l'odore della città bagnata. piove, ed è esattamente quello che doveva essere.
le persone, tutte quelle che conosci, adorano la speranza. la inseguono e la proteggono e la venerano. la dipingono di verde, come la terra che rinasce. la tengono in fondo a un vaso di mali, perché ne fuoriesca a colorare il grigio.
a te non sembra che le cose stiano esattamente così. a te sembra una gabbia. a te sembra la neve che cade a seppellire gli unicorni morti nella notte. a te sembra l’inverno, non la primavera.
quello che vedi tu, attraverso la nebbia, sono persone nere vestite a festa, che si dibattono imprigionate in crudeli sbarre indistruttibili, e pur dibattendosi senza quasi più respiro le accarezzano, e le invocano come unica salvezza.
quello che vedi tu, rannicchiata in fondo alla tua gabbia, è un mondo tagliato da quelle sbarre, e pensi a quelle feroci corde fermate con strani nodi, che servono a imprigionare le persone sempre più forte, ogni volta che si muovono.
pensi che la primavera arrivi quando la neve smette di cadere. pensi che, se continui a sperare, non ci sarà nessuna rinascita, ma solo altri fiocchi a coprirti durante la notte, finché non ci sarà più mattina né suoni musicali a richiamarti dalle torri della città che non esiste.
quello che speri, fortemente, è di smettere di sperare.

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