mercoledì 2 luglio 2008

stazioni

(roma)

quelle piccole, dei paesi dove torni e il sole brucia. quelle piccolissime, dei quartieri-paese dove certe sere cerchi solo ombra e silenzio. quelle più grandi, di città dove vorresti andare a nasconderti adesso; dove vai a nasconderti quando stai così. quelle che non hai mai visto, di posti dove, viviamo qui per sempre, sì. quelle che ti piacciono, ma non si sa come, ti fai sempre male, lì, anche quando nemmeno ci sei.
quelle grandissime che conosci da una vita, che ci andavi a quattordici anni quando non sapevi dove andare; che hai continuato ad andarci anche dopo, e hai continuato anche a non sapere dove andare. quelle dove sei andata a prendere persone. quelle dove sei andata a restituirle. quelle dove, una volta però è successo davvero che il treno si è rotto, allora magari. quelle dove non atterrano gli ufi. quelle che di solito quando scendi le scale per prendere la metro vai in automatico e non ti perdi mai. quelle che invece stavolta ti sei persa. quelle che cerchi di concentrarti sugli altri che non ti sembra un buon momento per pensare a te. quelle piene di specchi in cui non ti vuoi guardare. quelle che hai paura dello spazio fra il treno e la banchina e se ti avvicini così tanto vuol dire proprio che. quelle che, sì, era lo stesso binario. quelle che il capotreno fischia e la porta si chiude e dietro però. quelle che in fondo di ritrovarti non avevi voglia. quelle che sei così felice e stai così male che stringi gli occhi e sorridi. quelle che poi indietreggi fino a una colonna e ti tiene su lei. quelle che quando scendi le scale c’è sempre la stessa canzone, quella in cui la fine non la scrivi mai tu.

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