martedì 5 febbraio 2008

prìncipi di botanica

(roma)

stiamo con persone di cui non sappiamo il numero di telefono. ci conosciamo, ci scambiamo i numeri, li memorizziamo sul cellulare. se la batteria si scarica, non sappiamo che fare.
non prendiamo più appuntamenti definitivi, che ci si chiama da casa e ci si dice il tal giorno alla tale ora nel tal posto, e una volta che siamo usciti è finita, non siamo più rintracciabili, spersi chissà dove in una città immensa. non mettiamo più da parte i gettoni, non compriamo più le schede telefoniche, non abbiamo più memorizzati in mente i numeri di quegli amici che.
non facciamo più la fila davanti alle cabine. non abbiamo più una cabina telefonica preferita, quella che, il mio fidanzato lo chiamo da lì. non ci sono più i sacchetti di carta pieni di gettoni di quando eravamo piccoli, stavamo in sicilia dai nonni e volevamo chiamare casa. l’altra casa, quella a roma, quella che c’è un telefono. non si attraversa più la terra tra il mare a ovest e quello a est, non si supera più la piazza e non si prende più la discesa dove c’è casa di zia, non si arriva più in marina per girare subito a sinistra dove c’è quella cabina. non si infilano più i gettoni che valgono tanto e per una chiamata sicilia-roma portatene almeno cinque che non si sa mai. non si va più, coi soldi di carta in mano, alla pro loco, dove una signorina ti chiede ce li hai i soldi bambina, e poi ti dice cabina due, ma le cabine lì sono diverse e si chiudono in modo diverso e hai sempre un po’ paura che poi non ti fanno uscire.
e comunque i grandi dicevano pro lòco, ma il nome vero era pròloco. il pròloco. l’alampo. il figlio alpròdigo (nella variante di qualcuno, il figliol prodigio). lo spirito di vino. il libro dell’università di mia madre, prìncipi di botanica. che chiaramente doveva essere una storia bellissima ambientata nello spazio, perché avevo chiesto e a nessuno risultava che sulla terra esistesse un posto chiamato botanica.
e ho finito “praticamente innocuo” e ci sono rimasta male.

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