domenica 21 settembre 2008

milano, i momenti più belli

(roma. non sono io, è che mi disegnano così)

io che, zaino in spalla, tento di uscire dalla porta di casa, che però è più stretta dello zaino; mi incastro, spingo al massimo per liberarmi, ci riesco ma vengo catapultata contro la ringhiera del ballatoio (quarto piano); a due centimetri dalla ringhiera e dalla morte per spiaccicamento al suolo la cinghia dello zaino si attorciglia intorno alla maniglia della porta e mi ribalta indietro di botto, facendomi spalmare di schiena contro il muro. i cinque minuti successivi li ho passati cercando di arrivare alla cinghia per liberarla senza riuscirci, esibendomi in una pregevole imitazione di una tartaruga cappottata sul guscio.
(al ritorno a roma mi è successa una cosa simile quando la cinghia si è incastrata in un tornello della metro, scaraventandomi addosso a una turista tedesca che per fortuna l’ha presa molto a ridere).

il matto della consapevolezza che sale sul tram, si guarda intorno, inspiegabilmente nota subito me e inizia a riversarmi addosso una serie di apprezzamenti di cui il più gentile, in italiano, è stato “maledetta puttana”, e in anglomilanese, “bladicànt”, tra la mia rassegnazione e le facce di circostanza un po’ imbarazzate un po’ sghignazzanti degli altri passeggeri.

l’uomo che, subito dopo avermi tirato una mazzata sui denti, mi guarda serissimo e mi dice: dovresti darti alla chick lit, tipo bridget jones (che in effetti come scena è molto da bridget jones, lo devo ammettere. forse voleva suggerirmi un incipit).

il perfetto autocontrollo che ho dimostrato quando, dopo alcuni giorni caratterizzati da una serie di sfighe accessorie, ho anche scoperto che non potevo ripartire, e con indiscutibile freddezza e esemplare dominio vulcaniano delle emozioni, ho iniziato a urlare in mezzo alla strada contro uno sconosciuto che non c’entrava niente, ma che aveva commesso l’errore di rivolgermi la parola proprio in quel momento.

il momento in cui, camminando davanti alla scala, sette anni e mezzo di milano si sono scontrati dentro di me all’improvviso, come uno spettacolare incidente fra tir in autostrada, scatenando un incendio grigio e blu, da cui sono scintillate fuori panchine nei parchi vecchie di sette anni e di pochi minuti, frasi dette e scritte e taciute, buffi fagiani e dondoli, file al supermercato per regalarsi la cioccolata, prati e fontane e musica, ombre sempre più sbiadite e trattenute a tutti i costi, notti passate sui divani, pioggia e freddo e cielo bianco e sole, viaggi mai fatti verso punti d’incontro inesistenti e neve che non può cadere, tutto quello che è stato vissuto e tutto quello che non sarà vissuto mai; e alla fine l’incendio si è spento consumando tutto e, nel momento peggiore e più bello, milano e io abbiamo fatto pace. era ora, eh.

Nessun commento: