lunedì 24 settembre 2007

i treni hanno qualcosa a che vedere col principio e con la fine (o. soriano)

(roma, stazione termini)

partono. partono sempre. a volte ti sembra di non aver fatto altro, nella tua vita, che vederli salire su un treno e andarsene. o guardarli mentre accompagnavano te, alla stazione. mentre vedevano te, salire su un treno e andartene.
ami le stazioni. ami i treni. ma quelli che fanno su e giù tra roma e milano, iniziano a pesarti. non riesci a cristallizzarti nel momento in cui il treno arriva. ti resta addosso, ogni volta, il momento in cui riparte. perché hai sempre paura che sia l’ultima volta.

ti ricordi ogni arrivo e ogni partenza. ti ricordi un poeta nascosto dietro una grande vasca. ti ricordi quando i capelli prendevano una falsa piega nel sonno. ti ricordi quando arrivavi da sola in stazione centrale scendendo con l’altro treno a cadorna. ti ricordi che ripartire da sola non ti piaceva. ti ricordi qualcuno che camminava piano verso roma, trascinando nel bagaglio la sua paura. ti ricordi che alla carrozza dieci si erano rotti i freni. ti ricordi di quanto certi addii riescano a dilatarsi. ti ricordi due persone in piedi alla fine del binario. ti ricordi il sedile rosso di un saluto senza diritti su nessuno. ti ricordi amici incontrati di sera aspettando eurostar in ritardo. ti ricordi libri scambiati prima della partenza dell’ultimo treno. perché hai sempre paura che sia l’ultimo treno.

ti restano oggetti con cui giocare, presi per te in posti lontani. hai bambole russe e stoffe africane e collane sud-americane. ti regalano sempre la lontananza. hai smesso di credere che si possa essere vicini. hai smesso di credere che un giorno si troverà un luogo a metà strada. ma hai la necessità di credere che dall’altra parte del treno, prima o poi, andrà tutto bene. anche se tu non puoi fare nulla. perché sei sempre troppo lontana.

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