venerdì 21 settembre 2007

pensieri parole opere e soprattutto omissioni

(roma)

quello che dirò fra poco, nel quartiere-paese: ciao, un pacchetto di.
quello che penserò davvero: ciao, figlio della tabaccaia. tipo, del sesso, io e te, senza patogene implicazioni sentimentali, così, giusto per?

quello che dirò verso le sette, in una libreria in centro: un romanzo che nella complessità dell’intreccio si sostiene su un sapiente equilibrio di etc. etc.
quello che penserò davvero: vi odio. odio parlare in pubblico, odio voi che siete il pubblico, odio me stessa che vi parlo e odio questa brillante artista emergente che in quanto mia amica mi ha costretta a venire qui a fare questa figura da idiota. odio i vostri sguardi stolidi mentre vi lusingo con termini come eterodiegetico e fabula e, mentre quello che sto pensando, molto semplicemente, è che questo romanzo non vi piacerà e se vi piacerà sarà perché non avete capito un cazzo; perché qui dentro c’è scritto che voi tutti vi dividete in due categorie, chi fa schifo e chi fa pena. non siete fra coloro che si salvano, e questo lo vedo dai vostri vestiti, dai vostri capelli, dai vostri sorrisi, dai vostri occhioni truccati e opachi. nel migliore dei casi galleggiate ed è inutile che vi dica come, e siete pieni di giustificazioni e buona volontà, e vi dispiacerà per il protagonista e lo prenderete in simpatia perché in fondo empatizzate, perché avete passato una vita ad abbassare gli occhi e la testa e la schiena, sorretti dalla gloriosa convinzione che avevate dei motivi nobili per farlo, e io qui vi dico che il vostro unico motivo nobile era, è e sarà che avete paura. e questo noi dall’altra parte del tavolo col microfono lo sappiamo, perché abbiamo abbassato gli occhi anche noi e abbiamo avuto paura anche noi, e quando abbiamo rialzato gli occhi abbiamo comunque continuato ad avere paura e abbiamo pagato così tanto che abbiamo deciso di festeggiare ogni nostro errore perché ci restasse almeno la festa dopo la sconfitta. se il nostro motto, qui, è che gli errori servono per andare con lo spumante lì davanti, un motivo ci sarà. a parte il fatto che da queste parti si tende naturalmente all’alcolismo.

quello che dirò verso le nove, alla stazione: ciao.
quello che penserò davvero: non. pensare.

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