mercoledì 19 settembre 2007

mio, tuo, nostro

(roma)

sì, beh, non mi piace che sia mio/nostro. lo preferirei nostro/nostro. soprattutto perché per molto tempo, quasi tutto il tempo, sono stata io a considerarlo tuo/nostro. perché l’idea era stata tua, il nome l’avevi scelto tu, i colori e la grafica anche, etc.

ma soprattutto l’idea. perché a me, dei blog, non me ne fregava niente. tanto che prima che nascesse questo, non ne avevo letto mezzo. né avevo mai avuto la minima curiosità di. poi, chiaro, il giochino mi ha appassionata, mi entusiasmo subito, io, si sa. ho iniziato a girare per blog e mi sono fatta una cultura, anche. ho scoperto che c’è una specie di elite (non mi ricordo mai dove va l’accento) dei blog. ho scoperto che ci sono dei “bloggers per antonomasia” (mica pizza&fichi). ho scoperto che c’è gente che quando commenta, lo fa tipo critico letterario: bel post questo, non il tuo solito stile, qui, questo invece, no, non è all’altezza della media, eh.

e quindi continuo a chiedermi perché, i blog. io, semplicemente, perché da sempre, dove c’è uno spazio bianco, ci scrivo dentro. perché non sono capace di parlare, e questo è un gran casino, per me, perché ho troppe cose da dire o semplicemente da espellere. così non ci ho messo molto ad occupare questo spazio, ad allargarmici dentro e, dopo un po’, scavarmici una nicchia comoda. anche se continuo a non abituarmi all’idea che chiunque possa leggermi. e quindi continuo a scriverci dentro con troppa leggerezza. per esempio, ieri ho scoperto che non è molto saggio parlare d’amore in un blog, soprattutto perché nei blog il tempo si ferma lì dove scrivi, ma poi la realtà invece continua, e il blog lo supera e poi lo doppia anche.

è che questo posto doveva essere un modo di comunicare fra noi che andasse oltre le mail, che partisse da lì, da una realtà in cui siamo amiche ma lontane, e che trovasse altro. a me sembra, anzi, così è, che invece niente più mail e niente blog. niente blog nostro, ma di volta in volta o mio o tuo. più che altro mio, causa mio pessimo carattere e tua pigrizia; tradotto, mia continua patologica necessità di trovare un modo qualsiasi per lasciarmi scivolare le cose dalle dita e guardarle allontanarsi sui tasti, sperando che disperse in rete si allontanino davvero; tuo inattaccabile rifiuto di scrivere di qualcosa che ti tocchi davvero e che vada oltre la scorza.

mi piacevano di più i bei vecchi tempi dei forum, enormi metablog in cui a scrivere eravamo a decine (tranne te, come al solito, che leggevi in silenzio). lì, non mi rivolgevo mai a nessuno, ma c’era un mucchio di gente che mi rispondeva; qui, mi rivolgo a una persona e mi sembra sempre di parlare da sola.

s.

Nessun commento: