mercoledì 27 febbraio 2008

largo ai giovani

(roma)

ieri guardavo sanremo (sì, e allora?), e mi è venuto in mente de mita. pensavo, si sarà detto che non è giusto, che lui, in parlamento, no, mai più, e cutugno, al festival, sì, un’altra volta? che poi, dovendo scegliere.
poi ho iniziato a fare tutta una serie di parallelismi tra festival e politica, e chiaramente mi sono depressa. perché calzavano tutti a perfezione.

due anni fa ho usato i titoli dei giornali in campagna elettorale per fare un grazioso secchio della spazzatura in cartapesta. solo che è venuto un po’ piccolo, per cui credo che lo sposterò in bagno e approfitterò di questo tranquillo mese e mezzo di paura per farne uno molto più grande. e magari altri due-tre per la differenziata. al limite ne regalo anche qualcuno agli amici.
te, spenné, ti serve un altro secchio, magari un po’ più discreto del mostro che abita la tua cucina?

io sto in uno di quei periodi, tipo di attesa e sospensione, in cui si cerca di fare del proprio meglio, ma in fondo si sa che non cambierà nulla. è incredibile la creatività che tiriamo fuori nel complicarci la vita in vista di niente.

mercoledì 20 febbraio 2008

comiche spaventate guerriere

(roma)

"così l'amore che è stato, resta. ma quello che avrebbe potuto essere niente può dartelo, consolarti. nemmeno la teoria dell'inizio finale, professore. nemmeno tutti quelli che ti chiamano per nome affettuosamente, perché qui chiamarsi per nome non è solo chiamarsi, certe volte rasserena, nel caldo del pomeriggio, è musica per vecchi animali".
(s.benni)

lunedì 18 febbraio 2008

ho smesso di fumare. vivrò una settimana di più, e in quella settimana pioverà a dirotto (woody allen)

(roma)

comunque, alle sigarette va riconosciuto che hanno una loro coerenza. cioè, faranno danni su danni, non dico di no, ma di fondo sono oneste. le sigarette non dicono mai di volerti bene mentre ti fanno del male. non dicono mai niente, se è per questo.
tu spieghi alle sigarette che ti stanno nuocendo gravemente alla salute e che hai deciso di smettere, e loro cosa fanno? niente. assolutamente niente. si è mai vista una sigaretta che cerca di far naufragare i tuoi tentativi di smettere, mandando sms tipo, non ti ho dimenticata? mai.
tu vai da una sigaretta e le dici che è un periodo che non stai bene, che dipende da lei, che hai bisogno di riprendere fiato, che quantomeno vorresti provare a stare una decina di giorni senza fumare. e la sigaretta tace e non fa nulla. non è che, tempo nemmeno 48 ore, ti sbuca davanti all’improvviso per parlarti, tutta carina e gentile e sbaciucchiante. la sigaretta non lo fa. se vuoi fumare, esci e ti cerchi le sigarette. se non vuoi fumare, le sigarette non si fanno vive a casa tua da sole, non ti chiamano, non mandano mail o messaggi, non ti contattano in msn.
se lo facessero, ci sarebbe da chiedersi perché. ci sarebbe da andare lì e dire, ohi, sigaretta, ma sei bastarda inside, eh. ma cosa vuoi? ma perché fai così? ma fatti un esame di coscienza, cos’è, puro egoismo, il tuo? totale mancanza di comprensione, sensibilità, rispetto per me, i miei sentimenti e le mie vie respiratorie? cioè, tu adesso, sigaretta, mi spieghi per quale motivo ti comporti così. su, forza, sentiamo. allora?

poi invece ci sono gli accendini, che spariscono senza dirti niente, che scompaiono dalla tua vita all’improvviso, che anche se li cerchi ovunque non li trovi più. ma quella è un’altra storia. e comunque bisogna vedere se erano ricaricabili.

mercoledì 13 febbraio 2008

signor guglielmo, teletrasporto.

(roma)

caro signor guglielmo,
oggi non è stata una gran giornata, per me. mi sono svegliata male, la mattinata è stata grigia, il pomeriggio non le dico. ho discusso con una persona a cui voglio bene, ho rovistato in tonnellate di lavoro arretrato senza concludere nulla, ho perso tempo a dar retta a gente che non avevo voglia di stare a sentire, sono dovuta andare al suo funerale. una giornataccia.
il prete si è pure messo a fare distinguo fra credenti e non credenti, fra chi era andato lì invitato da cristo, e chi c’era andato invitato dai parenti. me, non mi aveva invitata nessuno, né cristo né i suoi parenti. è che lei mi stava simpatico. mi divertivo a vederla trotterellare nell’androne sul suo girello, ridacchiavo quando si incazzava a morte per chissà quale motivo e la sentivo urlare per tutto il palazzo, mi piaceva quando tornavo a casa con le buste della spesa in mano e ad aprire il portone ci pensava lei. si chiacchierava un sacco, noi due.
ora, lasci perdere che io non ho mai capito cosa dicesse lei, perché dopo l’ictus non è che articolasse proprio bene le parole, eh; e lasci perdere che probabilmente anche lei non ha mai capito cosa dicevo io, visto che mi rispondeva sempre tutta un’altra cosa. in effetti il bello era lì. che io la incontravo, e lei diceva qualcosa, e io le rispondevo, e lei mi rispondeva, e andavamo avanti per minuti buoni così. e io non saprò mai cosa diceva lei; ma, nell’ultimo anno, io le parlavo di me. lei apriva il portone e parlava, e io le rispondevo, sa, ieri ha chiamato davide. e lei ribatteva, beh, non ho idea di cosa ribattesse lei, ma io le spiegavo, no, abbiamo litigato, perché. lei diceva qualcos’altro (secondo me, mi dava ragione), e io continuavo. in effetti, signor guglielmo, se lei mi capiva, conosceva la mia vita meglio delle mie più care amiche.
ecco, vede, domattina tornerò a casa con le buste della spesa e non troverò le chiavi, e dovrò arrangiarmi, perché lei non starà facendo su e giù nell’androne col suo girello e non mi potrà aprire. non mi dirà qualcosa che io non capirò, e io non potrò risponderle che, insomma, è qualche giorno che sono un po’ giù. lei non aggiungerà che, boh, vai a capire, e io non potrò spiegarle che poi oggi è anche successo che. e siccome non mi va di parlarne con nessun altro, è veramente un gran casino, che lei se ne sia andato. e però, signor guglielmo, teletrasporto. energia.

lunedì 11 febbraio 2008

(comunque mi manca ancora la zuccheriera muccata)

(roma)

quelle che passano quando non le aspettavi, si fermano poco e tutto il tempo tengono su gli occhiali scuri, ma non domandi niente perché sai che sono qui per pensare ad altro.
quelle che capiscono quando vuoi pensare ad altro tu.
quelle che vogliono che ti fidanzi con un cartone animato.
quelle che ti trascinano a vedere film che non volevi assolutamente vedere ma che poi ti piacciono tantissimo.
quelle che si sentono sole e cerchi di coinvolgerle in qualcosa ma sai che è inutile, perché è una solitudine contro cui tu non puoi far niente.
quelle che quando ti senti giù, ti vengono incontro con in braccio un piccoletto che ha appena compiuto un mese, e ti senti meglio.
quelle che non vedevi da anni e le ritrovi su un blog.
quelle che devono ricostruire la loro vita e sono piene di energia e voglia di fare, e tu ti lasci trascinare nella scia perché in passato hai dato troppa forza a troppe persone, e ora hai bisogno che qualcuno ne dia un po’ a te.
quelle che quando smetti di mangiare ci pensano loro, e quando vaghi di notte in centro e non riesci a mettere in ordine i pensieri vengono a prenderti e ti rimproverano.
quelle che sorridono sempre.
quelle che non rivedrai più, e quando incroci l’autobus che ti portava a casa del diavolo ci pensi e ti mancano e ogni tanto scrivi qualcosa per loro, in buste per l., ma senza indirizzo.
quelle che una volta le sentivi sempre e adesso non hai più niente da raccontare e non hai più voglia di ascoltare e ti dispiace, perché anche se l’affetto rimane, l’amicizia è un’altra cosa.
quelle che ti regalano le teiere e le tazzine muccate per esorcizzare le tazze muccate che ti ha regalato il tuo ex, e alla fine ti ritrovi con mezza cucina a chiazze nere su sfondo bianco.
quelle che hai deluso.
quelle che ti diverti a cambiare il colore del blog tutti i giorni per vedere se ti insultano, e non ti insultano.
quelle che quando se la prendono con te hanno ragione, e anche quando non hanno ragione vanno comunque in pari con le volte che non avevi ragione tu.
quelle che alla fine, in qualche modo, si riesce sempre a ridere di tutto.

giovedì 7 febbraio 2008

alice guarda i gatti che guardano i cani che

(roma)

-polizia? accorrete, presto! c’è un tizio vestito di bianco che parla da solo e manda dei segnali verso il cielo!
-dai l’allarme, jeff! abbiamo il papa ubriaco all’incrocio con la 32esima!
(ratman)

(chiaro? ratman. non è mia. ditelo a quella guardia sfizzera che sta roteando l’alabarda spaziale)

ho scoperto perché il gatto ultimamente passa ore e ore davanti alla finestra e poi si allontana con aria soddisfatta e malvagia.
ho scoperto perché il cane dei dirimpettai ultimamente dà parecchio sul nevrotico e abbaia in continuazione.
sì, c’è un nesso.
sospetto la presenza di un varco dimensionale per pacchetti di sigarette nel soggiorno. li risucchia e li spedisce da qualche parte. non so bene dove, forse in un parcheggio per astronavi rosa. purtroppo il varco non risucchia anche la polvere (che, già che c’è), ma si limita a scroccare sigarette, e questo secondo me lo qualifica come varco dimensionale maschio.
il più grande operatore di telefonia fissa e mobile e liquida e gassosa dell’universo sta attraversando un periodo difficile, credo. anche io, per empatia e perché odio l’incoerenza sprecata (ci vuole talento per essere incoerenti, non ci si può improvvisare così). è che non funziona mai tutto, ma non si può nemmeno dire che non funzioni proprio niente, e di conseguenza quando chiamo il call-center non posso mai insultarli del tutto, ma non posso nemmeno non insultarli per niente. per rassicurarmi ogni tanto mi mandano mail in cui mi illustrano quanto sono efficienti. tipo, l’ultima era un panegirico su come siano bravi a bloccare lo spam; ma ho rischiato di non leggerla, perché il client l’ha dirottata immediatamente nella cartella spam.
prossimamente su questi schermi, inizieranno azioni di autoboicottaggio contro il blog, per protesta perché non mi scrivi niente dai tempi del santaramaclaus. e sarà saturno contromano, ma io mi annoio.

mercoledì 6 febbraio 2008

usb brothers

(roma)

(sostituire jake con operatore di call-center, ed ex-fidanzata di jake con sottoscritta lievemente alterata. per il resto, la conversazione è stata pressocché identica, a parte che purtroppo io non ero lì con un bazooka. ma avrei tanto, tanto voluto)

jake: ti prego, non ucciderci! ti prego, ti prego, non ucciderci! lo sai che ti amo, baby! non ti volevo lasciare! non è stata colpa mia!
ex fidanzata: che bugiardo schifoso! credi di riuscire a cavartela così? dopo avermi tradito?
jake: non ti ho tradito. dico sul serio. ero... rimasto senza benzina. avevo una gomma a terra. non avevo i soldi per prendere il taxi. la tintoria non mi aveva portato il tight. c'era il funerale di mia madre! era crollata la casa! c'è stato un terremoto! una tremenda inondazione! le cavallette! non è stata colpa mia! lo giuro su dio!

(p.s. brava, pennuta. ora trova la domanda per 42, dai)

martedì 5 febbraio 2008

prìncipi di botanica

(roma)

stiamo con persone di cui non sappiamo il numero di telefono. ci conosciamo, ci scambiamo i numeri, li memorizziamo sul cellulare. se la batteria si scarica, non sappiamo che fare.
non prendiamo più appuntamenti definitivi, che ci si chiama da casa e ci si dice il tal giorno alla tale ora nel tal posto, e una volta che siamo usciti è finita, non siamo più rintracciabili, spersi chissà dove in una città immensa. non mettiamo più da parte i gettoni, non compriamo più le schede telefoniche, non abbiamo più memorizzati in mente i numeri di quegli amici che.
non facciamo più la fila davanti alle cabine. non abbiamo più una cabina telefonica preferita, quella che, il mio fidanzato lo chiamo da lì. non ci sono più i sacchetti di carta pieni di gettoni di quando eravamo piccoli, stavamo in sicilia dai nonni e volevamo chiamare casa. l’altra casa, quella a roma, quella che c’è un telefono. non si attraversa più la terra tra il mare a ovest e quello a est, non si supera più la piazza e non si prende più la discesa dove c’è casa di zia, non si arriva più in marina per girare subito a sinistra dove c’è quella cabina. non si infilano più i gettoni che valgono tanto e per una chiamata sicilia-roma portatene almeno cinque che non si sa mai. non si va più, coi soldi di carta in mano, alla pro loco, dove una signorina ti chiede ce li hai i soldi bambina, e poi ti dice cabina due, ma le cabine lì sono diverse e si chiudono in modo diverso e hai sempre un po’ paura che poi non ti fanno uscire.
e comunque i grandi dicevano pro lòco, ma il nome vero era pròloco. il pròloco. l’alampo. il figlio alpròdigo (nella variante di qualcuno, il figliol prodigio). lo spirito di vino. il libro dell’università di mia madre, prìncipi di botanica. che chiaramente doveva essere una storia bellissima ambientata nello spazio, perché avevo chiesto e a nessuno risultava che sulla terra esistesse un posto chiamato botanica.
e ho finito “praticamente innocuo” e ci sono rimasta male.

lunedì 4 febbraio 2008

piuttosto

(roma, piove, è una brutta giornata)

rianimare i cervelli di certe personcine, anche se non sono consenzienti?

domenica 3 febbraio 2008

torneo sei nazioni, irlanda-italia: gatto in meta.

(roma)

freddo pacato, di quel freddo da domenica mattina, che punge solo un po’ dita e guance, e accompagna le persone che vanno verso casa coi cornetti del bar nei cartoccetti da portare alla famiglia, e gioca coi piccoli cani buffi che si incontrano rotolanti sui marciapiedi. quel freddo lì, che mette di buon umore, nonostante sia il week-end sbagliato.
oltre agli insetti e alle graminacee, sto diventando allergica anche a certi fine-settimana. i sintomi sono quelli classici: mi lacrimano gli occhi, mi si chiude la gola, da qualche parte all’altezza dello sterno c’è un peso che preme e quasi non mi fa respirare. il problema è che tenersi alla larga dai week-end è impossibile. non è che si possano mettere zanzariere alle finestre per non farli entrare; anche chiudersi nell’armadio non risolve niente, e in più mi si sgualciscono i vestiti.
almeno è ricominciato il sei nazioni, così posso passare il sabato pomeriggio stravaccata sul divano, in tuta, una birra in una mano e una sigaretta nell’altra (lo so, mancano solo vestaglia e bigodini), a tifare per il telecronista. ché lui ci crede, e ha ragione: ieri, durante una mischia, ha iniziato a urlare, spingete, spingete, tutti insieme, anche voi da casa! io volevo partecipare e, non avendo altro a portata di mano, ho spinto il gatto e poi l’ho schiacciato in meta; il che ha provocato una mischia anche nel mio soggiorno. comunque dopo settecentododici replay la meta ce l’hanno data, e secondo me è merito mio e del gatto (ma non l’ho calciato tra i pali, deve essere per quello che abbiamo mancato la trasformazione).
in settimana passerò alla motorizzazione. perché, come ha più o meno detto qualcuno, l’unico viaggio possibile è quello dentro di me, almeno finché non mi ridanno il libretto della macchina. è che me ne voglio andare, ma è un volersene andare che non viene risolto da nessun mezzo di trasporto; e da certi fine-settimana comunque non si va via, senza andarsene da tutto il resto della settimana. e non sono capace. ancora.